27 Luglio 2024

di Stefano Cazzato

Questo libro di Martino Ciano (il cui titolo ricorda l’Itinerario della mente in Dio di San Bonaventura di Bagnoreggio) è un romanzo sul romanzo, sulla letteratura, sulla sua funzione, sull’arte di scrivere, di dare faticosamente forma e significato al mondo; sulla necessità ma anche sull’inadeguatezza del linguaggio, quando prova a ordinare la realtà secondo uno schema coerente; sullo scarto tra la vita, che va un po’ per conto suo e in tutte le direzioni, e la rappresentazione che pretende di simularne un senso, anzi il Senso; è un libro sicuramente mitteleuropeo, e non a caso vi aleggia (insieme ad altri fantasmi non citati come Nietzsche, Freud, Bataille, Michelstaedter, Wittgenstein) il fantasma di Thomas Bernhard, il più mitteleuropeo di tutti gli scrittori novecenteschi nello scardinare l’identità della coscienza come io cartesiano-trascendentale che costituisce, col e nel linguaggio, un mondo: un mondo di rappresentazioni, appunto, di leggi che si ripetono, di nessi che funzionano, di cause che generano effetti, di scenari prevedibili.

E quale modo migliore c’è di mettere a nudo questo falso che è il soggetto, con tutte le sue imprese, se non quello di raccontarne la deriva nella follia, nel delirio, nella scomposizione del ricordo, nella frantumazione dei momenti unitari della coscienza, nell’approssimazione del vero al falso, del reale all’immaginario, nel sovvertimento delle kantiane, rassicuranti, dimensioni di spazio e tempo, nella visione mistica, nell’Eros?

Nessuno potrebbe tenere alta la tensione e la nevrosi per settanta pagine se questo libro fosse solo un esercizio di stile, una sperimentazione nel solco di un autore amato con cui tuttavia lo scrittore, giunto alla sua maturità, vuole, in qualche modo, regolare i conti.

Nessuno potrebbe diseppellire i demoni della mente e i traumi della psiche, scendere nelle profondità dell’anima dove si incontra (o si crede di incontrare) tutto e il contrario di tutto, il peggio e il meglio di sé, e persino Dio, se non avesse la convinzione che la vita è disarticolata, caotica, incomprensibile nel suo progetto, incerta nei suoi fini, giustificabile solo iuxta propria principia, tragica e al tempo stesso grottesca per via delle sue maschere (il riparatore di iPhone, la commerciante di sali e tabacchi, la preparatrice di dolci d’asporto).

Chi potrebbe tenere il lettore incollato a una confessione allucinata, al racconto dissociato di un aspirante suicida, arrabbiato con l’universo e con gli umani, ai ferri corti con l’esistenza, se non fosse prima di tutto sincero e leale con sé stesso?

E del resto, che la vita sia questo, e che bisogna persuadersi che sia questo, ce lo ricorda proprio lui, l’autore di Amras e di Perturbamento, un Thomas Bernhard dislocato dalle brume del Nord a un lungomare del Sud, quando così parla al protagonista e forse a tutti noi: “ Se penso alla tua storia … mi rendo conto che tutti i pensieri sono illogici e che il mio compito avrebbe dovuto essere quello di metterli insieme secondo una logica, ma non ne capisco il motivo, anzi non l’ho mai compreso. Tutto questo per dare in pasto a dei lettori stupidi e privi di fantasia una bella storia, ricca di colpi di scena, sempre coerente, senza contraddizioni, perfetta dal punto di vista linguistico-grammaticale? Dimmi perché devo degradarmi così, perché devo mettere la mia intelligenza al servizio della logica, quando, invece, navigando tra i tuoi pensieri ho trovato illogicità e bellezza, violenza e amore?”

Martino Ciano. Itinerario della mente verso Thomas Bernhard, A&B editrice, 2022, pp. 70, euro 10

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