29 Aprile 2024

“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti.

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“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia.

di Pasquale Scaldaferri


“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”. Così parlò e agì Adriano Olivetti, lungimirante ingegnere e illuminato industriale, capace di costruire l’impero di Ivrea.
Se Carlo Debenedetti (il vero cognome all’anagrafe) avesse seguito alla lettera gli insegnamenti del suo illustre predecessore, non staremmo qui a scrivere sull’ennesima gaffe di chi non si rassegna al tempo che scorre inesorabile.
Ma ogni volta che si esprime è un profeta di sconfitte. Ha rivendicato di essere stato decisivo nella designazione di Francesco Rutelli a candidato premier nel 2001, nonché sponsor di Walter Veltroni nel 2008, per poi promuoverne la leadership dell’amorfo ed esangue Partito democratico. Sorvolando sulle acrobazie linguistiche e sulle vicende giudiziarie di cui è stato protagonista, come le tangenti da 10 miliardi di lire pagate nel 1993, all’acme di tangentopoli, ai partiti di governo per ottenere commesse dalle Poste italiane, subendo la misura cautelare agli arresti domiciliari disposta dal gip Augusta Iannini (moglie di Bruno Vespa), il signor Debe non è nuovo a cervellotiche affermazioni. Talmente volgari e imbarazzanti da suscitare la reazione dei figli e della nuora, la giornalista Ferrari. Ma forse la fotografia più nitida di Carletto “sparafrottole” la scattò cinque anni fa il suo ex amico, Eugenio Scalfari, dopo che il puritano allievo di Agnelli lo criticò nella trasmissione “Otto e mezzo” su La7, definendolo in pratica “rimbambito”.
“De Benedetti ama Repubblica -la puntura di spillo del fondatore e direttore del quotidiano romano- come quegli ex che provano a sfregiare la donna che hanno amato male e che non amano più”.

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