20 Aprile 2024

di Stefano Cazzato

In questo lungo canto per parlare di un amore finito Giuseppina Sciortino ha volutamente scelto una lingua ibrida, trasversale, né alta né bassa, non elegiaca (se pensiamo a un certo canone lirico), capace di adeguarsi alla realtà dolorosa da dire, e non viceversa. C’è poco da sublimare e da trasfigurare quando un amore è giunto al capolinea. E se ci sono i drammi maggiori, anche il disamore, con tutti gli investimenti e i disinvestimenti affettivi che comporta, lo è nell’esistenza di un singolo.

Mi colpisce il ricorso a parole quotidiane e soprattutto d’importazione (shampoo, crackers, post-it, kebab, post-it, server, cipster, potlacht, frisbee) che restituiscono la concretezza di un vissuto emotivo che avviene dentro spazi e luoghi, attraverso cose e oggetti consueti, abitudini e gesti precisi. Non solo sentimenti e passioni, ma i topoi del discorso amoroso, topoi tra i quali troviamo la casa con le sue dotazioni ordinarie, e una città che fa da cornice, in questo caso prevalentemente Milano.

C’è chi inventa l’Amore, con le sue solennità e i suoi proclami, le sue tensioni e le sue altezze, e c’è chi – come Sciortino – l’amore lo cala nell’ordinarietà della vita. Non lo mortifica, ma lo fa vedere per quello che è, nei suoi alti e nei suoi bassi, nei momenti di illusione e di recriminazione, di dolcezza e di ritorsione.

Più che giudicarlo lo descrive, forse perché sa platonicamente che ogni giudizio sull’amore è approssimativo e relativo e può essere contraddetto. E ognuno vede le cose a suo modo: chi abbandona, in un modo, e chi è abbandonato, in un altro. E se c’è un discorso che sfida l’universale razionale, e porta l’impronta di un’irripetibile misteriosa soggettività, è proprio quello erotico. Non ci sono algoritmi in grado di fare chiarezza su tutto ciò.

Le parole toccano, lambiscono la cosa, non possono fermare niente ma solo assecondare il flusso della vita che è continuo mutamento, anche se pure questo è un fermare.

Tutto scorre e “lascio andare tutto tranne le mie visioni d’abbandono”.

Giuseppina Sciortino, Visioni d’abbandono, Transeuropa, 2022, pp.62

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *