27 Luglio 2024

di Antonella Casaburi

Carlo Levi fu scrittore, pittore, personaggio politico. Nato a Torino nel 1902 e morto a Roma nel 1975, fu un artista eclettico. Una tematica costante dei suoi quadri sono i nudi, i cui sfondi dai richiami mitografici s’intrecciano ad ambientazioni erotiche. Altro tema costante è il ritratto. Carlo Levi dipinge personaggi di cui parla anche nei suoi scritti: non solo i suoi familiari, come il fratello Riccardo, ma anche intellettuali, come Pablo Neruda e Italo Calvino.

Altro costante tema è rappresentato dai paesaggi. Carlo Levi dipinge i luoghi in cui ha vissuto (Torino, Alassio, Parigi, Roma, e la Lucania) evidenziando con trasporto le differenze tra città e campagna, tra Torino e la Lucania. “Lucania 61” è l’opera magnifica con cui Levi rappresentò la Basilicata alla Mostra delle Regioni, a Torino, in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia.

Scrittore prolifico e impegnato, Carlo Levi ha ricevuto il Premio Viareggio ed è stato candidato al Premio Strega. Ha scritto numerose opere: “Cristo si è fermato a Eboli”; “Paura della libertà”; “L’Orologio”; “La parole sono pietre. Tre giornate in Sicilia”; Il futuro ha un cuore antico. Viaggio nell’Unione Sovietica”; “Tutto il miele è finito”. Numerose sono le opere pubblicate postume: “Coraggio dei miti. Scritti contemporanei”; Mezzogiorno, emigrazione, rinnovamento”, che raccoglie i discorsi in Senato quando fu Senatore della Repubblica Italiana; “Il Mezzogiorno. L’altro mondo”Scritti politici”; “Roma fuggitiva. Una città e i suoi dintorni”…

Tra le opere più celebri ricordiamo “L’Orologio”: un orologio che si rompe e che nel dicembre del ’45, in tre giorni e tre notti, cambia il destino dell’Italia. Levi tratteggia la Roma, e l’Italia, dell’immediato dopoguerra con parole dense di significato che a leggerle danno la sensazione di rivivere quei giorni e quelle atmosfere, rese con forza dal potente incipit del libro: “La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni. Un mormorio indistinto è il mormorio della città, fra le sue cupole nere e i colli lontani, nell’ombra qua e là scintillante; e a tratti un rumore roco di sirene, come se il mare fosse vicino, e dal porto partissero navi per chissà quali orizzonti. E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case”.

Scritto a Firenze tra il 1943 e il 1944, e pubblicato da Einaudi nel 1945, “Cristo si è fermato a Eboli” è il capolavoro letterario di Carlo Levi: un romanzo autobiografico che ebbe un immediato successo e che aprì discussioni e dibattiti sul rapporto tra la civiltà contadina e la modernizzazione. Carlo Levi inizia la sua attività di scrittore parlando del confino in Basilicata a cui fu condannato per la sua attività antifascista. In Basilicata, Carlo Levi trascorre un primo periodo di confino a Grassano, poi viene trasferito ad Aliano (che nel libro chiama Gagliano). È l’agosto del 1935. Carlo Levi viene “scaricato e affidato al segretario comunale” e al brigadiere, e resta solo in mezzo a una strada deserta che gli appare inospitale come il paese. In sovra copertina, la prima edizione del libro è accompagnata da queste parole: “Come in un viaggio al principio del tempo ‘Cristo si è fermato ad Eboli’ racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore. Il libro tuttavia non è un diario: fu scritto molti anni dopo l’esperienza diretta da cui trasse origine, quando le impressioni reali non avevano più la prosastica urgenza del documento … il lettore può trovarvi insieme una ragione di poesia, un mondo di linguaggio, uno specchio dell’anima, e la chiave di problemi storici, economici, politici e sociali altrimenti incomprensibili”.

Antonella Casaburi

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