4 Ottobre 2024

POETANDO. Versi d’amore e contestazione

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Di Pasquale Marcuzzi

Di seguito, l’introduzione al volume di Emilio La Greca Romano.

L’ultima raccolta di versi di Emilio La Greca Romano conduce ad una riflessione attenta sui temi che già in precedenza aveva trattato in altre opere, ma che ora paiono acquisire un significato differente. Dall’amore sempre declinato in svariate forme: quello passionale, quello legato alle bellezze della vita, quello artistico, quello di emozioni che penetrano ed arricchiscono i pensieri, il poeta passa ad espressioni di denuncia/ammonimento.

Da subito l’autore manifesta la sua necessità di comunicare: Scrivo, si, se pur soltanto / per piacer mio e dispiacere altrui. / Scrivo, si, se pur soltanto, per me scrivo (Scrivo). Ma non è solo questo, perché il divulgare i propri pensieri è anche per gli altri che ne traggono altri significati: in questa raccolta colgo una sorta di grido d’allarme, come se il poeta volesse ammonire che stiamo distruggendo la bellezza, quella che lo stato d’animo, che sia di poeta o d’artista in genere, riesce meglio ad esprimere.

Una traccia interpretativa è contenuta nel sottotitolo, che unisce amore e contestazione, perché le due cose non sono mai distanti: ci si ribella perché non si avverte il vero amore, quello che potrei identificare con il mondo intero in cui siamo gettati, per usare la felice intuizione di Gianni Vattimo sul concetto di esistenza di Martin Heidegger.

È vero che siamo gettati, ma è altrettanto vero che abbiamo sempre trovato modalità per poter vivere ed apprezzare l’esterno, il circostante, anche attraverso costruzioni di vita che la creatività e l’intelligenza dell’uomo riescono a godere nella maniera più ottimale: del resto è il progetto che permette di scegliere e trasformare l’esistere, ma tante volte quella trasformazione è distruttiva. Ed allora occorre affidarsi al poeta: Mi salvi poeta che mi vive in petto, / l’urto della bocca baciante, / mia passione e sentimento (Mi salvi poeta che mi vive), è solo un preludio: Dove vestono poeti il vero trovi parole, / esistenza di realtà di sensi, / dove si muovono i poeti / si trovino relazioni che provino a dialogare (Poesia). Questa lirica è bellissima: Poesia è sopra il riversare di dolce tenerezza / che incanta frasi / d’amore sordomuto e di bellezza. / È camminare sugli aspidi, di rara latenza, / ascosi in anfratti della politica guasta; / in alta quota fra scranni di potere. / Poesia spenga fiamma di drago, / fronteggi belve, / si sveli voce contestazione, agire proibito, / rifiuto di regole ingiuste, / contro estremizzazione / disumana dialettica politica; / si mostri occupazione senza codice di spazi, / oltre perimetro di cuore amore. / Poesia madre natura antiautoritaria, / imbevuta d’operaismo, / di lotta sanguigna sognante sviluppo, / di vita e respiro di giustizia umana (Poesia).

È fortemente presente l’elemento “contestazione”: prima un invito a farsi travolgere dalle parole per trovare pace; ma quando il poeta si accorge che l’elemento di serenità attraverso la contemplazione e l’apertura del cuore non può appagare, c’è l’invito alla reazione, al non accettare l’ingiustizia, perché la poesia è antiautoritaria e ricerca di libertà.

La contestazione è opposizione, azione di contrasto, protesta, aperta critica in campo sociale, politico, economico e culturale, che si sviluppa superando le logiche di accettazione e rassegnazione di un destino ineluttabile. Tutto ciò oggi porta allo smarrimento, anche per il disinteresse ambientale, per l’abbandono di quella natura che è bellezza, per la distruzione dell’altro e dei suoi sogni, per un rincorrere le guerre in varie parti del mondo.

Tutto ciò si può cogliere nelle liriche di La Greca Romano, in un confronto a volte aspro con la realtà: Esondano fiumi d’alluvionali pianure. / Sventura fatta consuetudine. / Non emergenza, ma dramma costante. / Rischio accumulo di sacrifici. / Canali inondano storie di piazze, / nelle vene, nei cuori dei borghi, / oltre argini, devastante sopraffazione. Tra periferie sommerse e case affogate: L’uomo è solo. L’uomo è nudo. Eppure: Torneremo nel sole del mattino vagitante, / verranno nel nostalgico ricordo / delle piazze gremite allegre. / Sopra crisantemi di fango, / come vergini spose, danzanti sui cuori, / poseranno, a tutela, forza di fede / e sogni di nuova speranza, / al dolore giusta risposta ristorante. / Muoveranno operose braccia di riparo, / edificanti il bello, il meglio di prima, / come ardente stella di ridestata Grazia / e sarà profferta larga e distesa / di calore e luce (Il cielo cade sui crisantemi di fango). Se: Morte ci tocca / per dirci uguali, / il niente di tutti, / quel che siamo (Morte), l’immagine seguente è di profonda speranza: Fiori, / liberi / prigionieri. / Non / stanno / nei vasi; / abusano / nell’aria, / diffondono / fragranze, / posano / mille / cromie / negli occhi. / D’un volo / libero / mattinale, / fuggitivi, / senza / riflessi / di cristallo / fiori / volano / liberi / nei cieli / aperti / dei cuori. (Fiori volano liberi)

L’autore ammonisce che molto è stato superato, ed allora l’unica possibilità di salvezza in un mondo che pare sfuggirci sembra essere affidata all’esaltazione di ciò che abbiamo di bello, l’amore e la contemplazione della perfezione del mondo.

Ma in questa raccolta c’è tanto altro: soprattutto la ricerca di sogni nuovi attraverso le tante manifestazioni che sono però una reazione personale, affidata alla poesia e, perché no, alla pittura: Arte ci viene come generatrice potenza (Pittura come soggetto). Ma ancora: Abitiamo nell’essenza delle cose, / osserviamo nostra realtà, / mano ritrae ciò che occhio / osserva: / “Io dipingo ciò che vedo” / e perché è natura / e perché ancora non è mistero (Pittura “en plainair”).

Alcuni componimenti sono indicazioni a ritrovare la strada dell’educazione: Narcisistica piazza di bisogni individuali, / senza afflato spirito di buona educazione. / Perduti d’oblativo agire di retto costume, / non favoriamo emotivo, / progressivo passaggio di bellezza, / scansiamo manierismo e cortesia. / Manca tempo di buona educazione. / Non s’educa da soli. / Stanno solitarie famiglia e scuola. / Impari morte del moderno veloce. / Basso investimento nella prole educativa. / Sfidiamo nostre risorse umane, / facciamo educazione insieme, / scoperta di motivazione e d’interesse / e fermiamo su inderogabile nostra lettura (Educazione insieme). Educazione e rispetto, dovere e sacrificio / contro svogliatezza e ineducazione / e valori altri dormienti destituiti d’uso / d’una sciupata storia sociale, / sconosciuto o dimenticato luogo / inviolabile di nostra memoria. / Mostriamo disperata ricerca d’un senso (Ricerca di senso).

È il ritorno non tanto ad un passato immobile, quanto ad un tempo in cui c’erano i valori del rispetto nei rapporti interpersonali. Il tempo, scrive il poeta, cambia e muove i nostri pensieri che si devono far rapire e affidare al vento lieve che ci porterà la dolcezza del ricordo: Mutiamo idee entro solitaria lenta guerra, / contro crudele destino. / Più minuti ancora. / Ancora più stanchi. / Scoperti fragili. / Incapaci di precarietà e miseria, / quotidiane guerre, / violenze, solitudini. / Sovrasta e muta il dolore. / Spinti nel mistero col tutto e niente / di nostra logica e ragione, / fermiamo entro obbligata pace (Vento lieve porterà dolcezza di ricordo). Eppure, non siamo in questo mondo per essere così: Iddio non volle preghiere sopra le preghiere. / Grondavano sangue le mani / per il male delle azioni. / Iddio non volle ipocrisie. / Guidò come vento verso la giustizia. / Iddio ci volle docili, non rivoltosi, / mai divorati dalla spada. / Iddio non vuole chiese e piazze di peccato, / l’ipocrisia del pulpito, parole senza fatti, / il falso bene, liturgie vuote senza fede. / Iddio non volle. Iddio non vuole (Iddio non volle). La conclusione posso così individuarla: Siamo relativi e dipesi. / parzialmente funzionali, / mai assoluti, dipendenti. / Libertà. / Libertà, nostra conquista; / è nostro nascituro di rinuncia. (Col bordo al cielo).

Emilio La Greca Romano dopo aver espresso tutte le sue perplessità sulle azioni degli uomini, invita alla contemplazione della bellezza, delle cose circostanti, della notte e della luna, del mare e dei paesaggi. Dai colori e dalla luce di una terra che appare come responsabilità di tratto, e grido di versi sulla tela (Pittura “en plainair”), ovvero un qualcosa da ammirare e rispettare, non abusare e distruggere.

Nella raccolta ci sono le passioni, l’amore, la vista dei corpi che di notte giacciono in attesa del risveglio, che è lo stesso del cielo quando percorre il passaggio dalla notte al giorno, il trascorrere del tempo. Ma c’è poi il guardare le barche e la pesca, il mare che si infrange sulla costa, la natura oggi lontana perché siamo presi dai mille problemi quotidiani che ci fanno destare quando ci accorgiamo che stiamo determinando la fine, la distruzione.

L’invito è di affidare la bellezza alla sua dimensione, che non è umana ma contemplativa, lasciando il bello lontano dalla nostra devastazione: questa mi sembra una traccia essenziale di questa raccolta di versi di un poeta che manifesta i suoi pensieri per cercare di sensibilizzare e far riflettere, stimolare ed anche ammonire.

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