27 Luglio 2024

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 130, del 23 giugno 2023, per la seconda volta invita il Parlamento a rimuovere il differimento dei trattamenti di fine servizio. (T.F.S.)

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«Informazione Giuridico e Culturale» a cura diPietro Cusati detto Pierino, giornalista, Consigliere – Segretario dell’Associazione Giornalisti del Vallo di Diano (SA)

Contrasta con l’articolo 36 della costituzione, il principio della giusta retribuzione, il differimento del trattamento di fine servizio(T.F.S.) ,che spetta ai dipendenti pubblici che terminano l’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio. Tali prestazioni costituiscono una componente, principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 23 giugno 2023 , che ha invitato ,per la seconda volta ,il Parlamento a  provvedere  gradualmente. Ritiene saggiamente la Consulta che trattasi  di un emolumento  volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana . Spetta,quindi,al parlamento, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della  programmazione economico-finanziaria. In sostanza  il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (T.F.S.) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione. Infatti  tali prestazioni costituiscono una componente, principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione.  Si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana.sottolinea la sentenza della Consulta.  Spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria.  La sentenza n.130 del 23 giugno 2023 ,redattrice la giudice Maria Rosaria San Giorgio, ha anche dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997, come convertito, e dell’art. 12, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, che prevedono rispettivamente il differimento e la rateizzazione delle prestazioni. Le questioni erano state sollevate dal Tribunale amministrativo per il Lazio in riferimento all’art. 36 Cost. Tuttavia, la discrezionalità del legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame.   La Corte ha poi rilevato che la disciplina del pagamento rateale delle indennità di fine servizio prevede temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati.

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