14 Ottobre 2024

10 Febbraio. Giornata del Ricordo. “FOIBE – L’Uomo vittima e carnefice dell’Uomo”

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«Personaggi,avvenimenti e luoghi del nostro Sud» a cura di Vincenzo Ciorciari

Il 27 gennaio, “Giornata della memoria”, è stato in vario modo commemorato e non sarà mai superfluo ribadire la validità del ricordo e la condanna per gli avvenimenti che quel ricordo hanno generato ma di quante altre “Giornate” per tante ragioni non ancora del tutto conosciute ogni spirito libero vorrebbe e saprebbe dire e scrivere e quante altre gli spiriti confusi dovrebbero dire ma non ne hanno coraggio e convenienza.

Si tratta del ricordo di uomini ai quali altri uomini vollero rubare la vita, le idee, la memoria … ma è proprio la memoria di vittime e di aguzzini che, forse, ci condurrà al riscatto e ci renderà migliori, affinchè non si continuino a celebrare giornate della memoria.

Brecht dice: Sventurata la terra che ha bisogno di eroi.

Noi con l’abitudine, beata e tragica insieme, di collezionare citazioni famose, potremmo aggiungerne una nostra e non peregrina: “Sventurata la terra che ha bisogno di giornate della memoria”, come la nostra terra che fu in origine condannata a piangere vittime ed eroi che vollero come tali i peggiori dei suoi figli per erigere a se stessi monumenti in vita ma, presto o tardi, la Storia provvederà a decorare quei monumenti con le macerie che essi lasciarono e a dispensare le condanne che meritarono perchè vi si vollero collocare.

A distanza di due settimane da quella Giornata, chi si ritenga ma soprattutto voglia essere libero da ogni pregiudizio storico-morale, chi non voglia ipotecare o svendere la sua appartenenza alla razza umana con la stessa sincerità deve raccogliersi nell’analisi attenta e nel giudizio obiettivo su un’altra aberrazione umana che sconvolse la società italiana: le Foibe.

Nel 1980 il pozzo di Basovizza e la foiba n.149 (monumento con la Lampada della Fraternità come riportato nella immagine) vennero riconosciuti monumenti d’interesse nazionale, nel 1992 il pozzo della miniera fu dichiarato monumento nazionale e successivamente la Legge n° 92, art. 1 del 30.3.2004 ne fissava la commemorazione:

La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piu’ complessa vicenda del confine orientale.

Sulle Foibe ancora oggi sentiamo o leggiamo discorsi di coloro che si rifiutano di ammettere opinioni e ragioni altrui, che pretendono la verità appartenga soltanto alla loro parte, che arrivano ad esagerazioni strumentali in prò dei loro interessi storico-politico-culturali del momento e si imbarcano in invereconda difesa a oltranza e “disonesta” delle varie cause che portarono a trasformare gli inghiottitoi carsici in cimiteri.

In questi cimiteri quante persone finirono, morte o ferite o addirittura vive? Vive? Sì, anche vive e la domanda non sembri mal posta perchè è storicamente documentato siffatto modo orribilmente efferato e animalesco usato nel massacro: le persone venivano legate ai polsi una all’altra con filo di ferro e posizionate sul ciglio della foiba, quindi si apriva il fuoco sulle prime di ogni fila le quali precipitando trascinavano le altre, così quelle che non fossero morte all’istante per le raffiche di mitra venivano lasciate morire mescolate ai cadaveri, nell’orrore e nelle sofferenze che non potremmo mai immaginare.

Nella sola foiba di Besovizza, forse la più nota, delle circa 1.700 finora ritrovate, stime autorevoli parlano di almeno 2.500 persone barbaramente gettate e lasciate morire nel periodo 1 maggio-15 giugno 1945, mentre le stime totali delle vittime variano da 4.000 a 10.000 per non parlare di quella basata su altri elementi che venne riportata dal Corriere della Sera e, poi, riproposta da tanti che si dedicarono all’argomento:

Un cippo sulla foiba di Basovizza, sulla lastra di pietra che chiude per sempre la voragine in cui furono precipitati i martiri di Trieste e della Venezia Giulia, ne riporta incisi i livelli. In origine la profondità risultava di 300 metri. Nel 1918 era di 228: la differenza era costituita da depositi di detriti, di carbone e di munizioni gettate là dentro dopo la guerra mondiale. Nel 1945, all’ultima misurazione, la foiba era profonda 135 metri: la differenza, stavolta, si doveva ai cadaveri degli italiani assassinati precipitandoli, spesso vivi, nell’abisso. Quanti? Forse 2.000, ma un conto esatto non si potrà mai fare. Fu detto, con brutale espressione, che a Basovizza c’erano 500 metri cubi di morti. Quattro per metro cubo.

Per non dilungare troppo sui numeri, pur sempre importantissimi, si consultino le cifre riportate da Luigi Papo de Montana (Albo d’oro. La Venezia Giulia e la Dalmazia nell’ultimo conflitto mondiale, II edizione – Edizione Unione degli Istriani, Trieste 1994):

994 salme esumate da foibe, pozzi minerari, fosse comuni; 

326 vittime accertate ma non recuperate; 

5.643 vittime presunte sulla base delle segnalazioni locali o altre fonti; 

3.174 vittime nei campi di concentramento e di lavoro jugoslavi, computate sulla base di segnalazioni o altre fonti. 

Quindi ben 10.137 persone mancanti in seguito a deportazioni, eccidi e infoibamenti per mano jugoslava e a esse andrebbero aggiunte le vittime di ben trentasette fra foibe e cave di bauxite per le quali non è stato possibile alcun accertamento pur essendo nella certezza che ivi furono compiuti altri massacri, quindi in questo modo la cifra finale sarebbe di 16.500 vittime.

La lettura della Storia ammonisce che niente viene dal niente, a volte la miccia che porta a una esplosione è troppo lunga, viene accesa molto lontano da dove o da quando si verifichi la disgrazia, in questo caso la miccia si può vedere nella famosa Linea Wilson che a conclusione della Prima Guerra Mondiale portò alla definizione del confine italo-iugoslavo attribuendo all’Italia una buona porzione di territorio istriano.

Immaginabili le conseguenze quando un popolo debba essere amministrato da un altro in casa propria, non sempre secondo i propri desideri e le proprie esigenze e di queste esperienze noi Italiani sì che abbiamo collezionato nei secoli! Dopo 25 anni l’Italia firmò l’armistizio dell’8 settembre 1943, il breve governo Mussolini restò completamente prigioniero dei tedeschi ed ecco prendere forza dei partigiani iugoslavi … a riparare errori e barbarie altrui senza, spesso, sapere o volere evitare o almeno limitare i propri errori e barbarie.

Di tanto si trattò perchè in quegli inghiottitoi vennero condannati a perire civili, donne, bambini, anziani e tutti coloro sia pure minimamente sospettabili di opposizione all’avanzata dei partigiani titini. Tali “innocenti bellici” vennero assimilati a fascisti, repubblichini, collaborazionisti o qualsiasi altro avversario politico.

Accanto ad essi finirono anche persone che non ebbero nessuna responsabilità e partecipazione nei fatti causanti le esecuzioni, ad esempio gli appartenenti alla Guardia di Finanza, alla Guardia civica di Trieste e persino a formazioni partigiane, i quali vennero giustiziati pur non avendo mai preso parte a nessuna operazione di polizia o militare contro i partigiani.

Insomma si trattò di altro inghiottitoio, quello di cieca giustizia sommaria, del programma sistematico della eliminazione di quei militari per la semplice ragione che successivamente non sarebbero entrati a far parte di un esercito iugoslavo oppure, peggio ancora, sarebbero stati concorrenti nel raccogliere i frutti della liberazione dai tedeschi ma si volle che solo tra gli iugoslavi si contassero i vincitori, gli eroi ed i successori al potere.

Nell’intreccio delle cause e dell’origine, dello sviluppo e delle conseguenze di quanto si verificò con le foibe, non si trascurino altri innegabili particolari non perfettamente valutati per un certo tempo o volontariamente ridimensionati o addirittura negati.

Vero e innegabile che fascismo e nazismo, quando con misure comuni e quando per autonoma iniziativa, si macchiarono di orrendi crimini con l’oppressione e la violenza sugli sloveni e sui croati, con l’aggressione alla Iugoslavia. Certo che lo sviluppo in quelle terre di una nuova geopolitica avrebbe poi fatto parlare, da un lato, di minaccia comunista che proveniendo dall’Est correva sul binario iugoslavo e, dall’altro, dell’atteggiamento e della condotta ambigui, per non dire altro, del PCI nei fatti Italia-Iugoslavia nel corso della Liberazione e del primo dopoguerra.

Pur mantenendosi viva la discussione sulle Foibe, più tesa nei periodi elettorali con incluso aumento delle vittime … della partigianeria con la quale si affronta l’argomento, è comunque da continuare a studiarla e pubblicare senza sosta documenti e testimonianze affinchè si arrivi alla più banale, prosaica e conveniente conquista: la convinzione che la violenza, anche quando nasca soltanto “verbaiola”, può deflagrare in disastri se la demagogia e l’irresponsabilità la fanno sviluppare ed allora il baratro è davvero a meno di un passo.

Ovvio che ognuno di noi, a seconda della informazione e della formazione che abbia, dovrebbe sostenere la propria opinione sulle foibe, sulle cause e sulle ragioni che maggiormente influirono, sulle persone e sugli organismi che peggio si comportarono, sui dettagli e sul numero delle vittime, sulle conseguenze di ogni natura che la questione italo-iugoslava si trascinò, a condizione che non venga meno al dovere di tributare l’omaggio e coltivare la memoria che meritano tutte le persone giustiziate da loro simili.

Perchè in quel frangente gli uomini decisero di non seguire appartenendo al consorzio umano, di volersene dimettere con insanabili fratture, di mettersi sul cammino tracciato da Caino? Non conosco la risposta, sono però convinto che anche di Caino dobbiamo mantenere viva la memoria, abbiamo bisogno di Caino pur soffrendo nel ricordarcene, non dobbiamo dimenticare Caino per non tornare a soffrirne e perchè resti impresso che non dovrà mai più prevalere.

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