29 Marzo 2024

VALLO DI DIANO: IL DOTTOR CARLO CURZIO E LA “DONNA ALBERO”: UNA STORIA VERA CHE SCONVOLSE LA CITTÀ DI NAPOLI DELL’700. LA SCOPERTA DELLA “SCLERODERMIA”

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di MICHELE D’ALESSIO

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una guerra dei vaccini tra i colossi delle case farmaceutiche, con la sensazione che a perdere sia stati solo i cittadini. 

Ricordate Pfizer ha tagliato le forniture destinate ai paesi Ue e ha chiesto, e ottenuto, di venderci anche la famosa sesta dose che pensavamo di aver trovato in regalo nelle fiale; la Tensione tra Ue e Astrazeneca, ma anche tra Europa e Gran Bretagna, poi ci fu Moderna e Big Pharma e tante altre azienda farmaceutica, interessate al grande volume di affare che ne deriva dalla vendita del vaccino del Covid. Nel passato per curare, una malattia, non c’erano tante scelte mediche e chi scopriva un vaccino (Jenner, Pasteur Albert Sabin, Jonas Salk, ecc) spesso lo brevettano senza soldi, anche chi scopriva una cura farmaceutica come ci racconta lo scrittore Prof. Vitantonio Capozzi, come avvenne nel 1700 da un dottore di Polla

“…Carlo CURZIO, nato a Polla il 6 Luglio 1692 (1° luglio 1701?, v. Dizionario Storico della Medicina, Tomo II, ed. Napoli 1762), era figlio di Andrea Curzio e Angela Molinaro. Dopo la laurea in medicina conseguita presso l’università di Napoli prestò servizio nella prima metà del 1700 sempre a Napoli presso l’Ospedale degli Incurabili, mantenendo sempre saldo il legame con il suo paese natio. Il medico, laureato anche in filosofia, è stato in assoluto il primo a descrivere e a curare una malattia rara, esistente ancora oggi, la sclerodermia o morbo del Marie. L’episodio, che è stato descritto diffusamente in un volumetto, edito a Napoli nel 1753, “Discussioni anatomico-pratiche di un raro, e stravagante Morbo Cutaneo in una Donna felicemente curato in questo grande ospedale degli Incurabili” , gli valse a più di duecento anni di distanza, su proposta del clinico Mario Giordano, l’intitolazione dell’appena fondata Società Scientifica per lo studio delle Malattie del Tessuto Connettivo. L’intitolazione ebbe breve durata perché, morto il Giordano, gli allievi cambiarono l’intitolazione in onore del loro diretto maestro. E tuttavia, presso l’ingresso degli Incurabili una vecchia lapide ne tramanda ancora oggi la memoria. Promosse a Polla il culto dell’Addolorata e, nel 1760, acquistò in San Nicola dei Greci un altare di Patronato, in cornu Evangelii, sul quale fece collocare un dipinto raffigurante la Pietà, oggi ubicato nella chiesa parrocchiale di Cristo Re di Polla. Istituì un monte in favore di ragazze povere della sua parrocchia che dovevano maritarsi, attivo fino al primo ventennio del secolo scorso. Andiamo ai fatti.

C’è una storia che pochi conoscono e che per certi aspetti richiama alla memoria le vicende della famosa serie televisiva americana Dr. House, il medico dei casi impossibili. I fatti risalgono al 1753 quando il dottor Curzio venne chiamato per curare Patrizia, una ragazza di 17 anni. La pelle della giovane era talmente secca che al tatto sembrava simile alla corteccia di un albero e la malattia aveva colpito anche la lingua tant’è che con il progredire della stessa non riusciva più a parlare ed aveva gravi difficoltà respiratorie. Il medico pollese riuscì a guarire la ragazza con una terapia, durata 11 mesi, a base di salassi, bagni di vapore e somministrazione orale di piccole dosi di mercurio e siero di latte. Carlo Curzio scrisse un libretto dove riportò i sintomi della malattia e la terapia praticata. Il suo studio riscosse successo enorme nell’ambiente accademico e nel 1755 venne ripubblicato anche in francese. A Polla il comune, ad imperitura memoria, ha dedicato a lui lo spazio antistante la chiesa di San Nicola dei Greci, dove fu battezzato. Il dottor Carlo Curzio riceve da un garzone un dispaccio che lo invita a recarsi immediatamente in sanatorio per dare il proprio contributo ad una situazione anomala e complessa. Insieme a lui viene convocato il Governatore del Complesso degli Incurabili: il Principe Aliano Marcantonio Colonna. Cosa lo aspettava al sanatorio? Un nuovo caso di peste? Un nuovo flagello? Un nuovo contagio? Un incidente occorso ad una personalità di rilievo? Lo aspettava, in piedi al centro di una stanza, Patrizia, una popolana, figlia di un calzolaio, tale Mattia Galieri. Era lei la diciassettenne che cominciava a trasformarsi in un albero. Lo stupore del dottore immaginiamo non fu facile da occultare, specie di fronte a Patrizia, ancora più terrorizzata di chi la stava guardando in quel momento. Carlo Curzio, ripresosi dalla sorpresa, si dedicò alla visita vera e propria. Constatò che tutta la pelle che gli era stato concesso di toccare aveva assunto la consistenza del cuoio duro o del legno. Quasi tutto il giovane corpicino era in quelle condizioni: la pelle tesa e spessa impediva molti movimenti comuni, fosse anche l’aprire e chiudere la mascella. Persino la lingua sembrava contagiata da quell’indurimento generale dei tessuti che stavano lentamente consegnando Patrizia al mondo vegetale, costringendola ormai quasi all’immobilismo. Fortunatamente respirazione e battito cardiaco non sembravano per ora risentire della spessa prigione lignea di Patrizia. Questa circostanza assegnava al medico del margine temporale per poter indagare ulteriormente ed agire. Carlo Curzio scopre così che la ragazzina non sudava da molto tempo, era vergine e non aveva mai avuto mestruazioni. Segnò tutto sul suo taccuino, e si andò ad informare. Purtroppo per lui e per Patrizia non trovò assolutamente nulla né tra i libri, né tra le pieghe della sua memoria di studente. Chiese allora un consulto rapido con alcuni suoi colleghi. Ci si riunì nella farmacia dell’ospedale, ma l’improvvisato conclave non approdò a nulla. Furono interpellati anche personaggi vagamente sinistri come il Principe Raimondo di Sangro, di cui si vociferava fosse convinto di essere un negromante; una brillante ricercatrice ventenne, si suppone amante del Principe, Maria Angela Ardinghelli; e uno scienziato esperto in fisica, scomodato epistolarmente dalla Francia, tale abate Jean Antoine Nollet. A fronte di tutta questa affluenza di grandi menti, una ed una sola fu la spiegazione più plausibile del fenomeno, e la fornì il dottore Carlo Curzio. La pelle di Patrizia non era idratata. Detto in soldoni, i pori non traspiravano, e che l’irrigidimento cutaneo fosse causa o conseguenza, la strada da intraprendere per agire, era spianata. Patrizia soffocava ogni giorno di più, a causa di una lingua che, contrariamente alle attese (si riteneva un tessuto privo di epidermide, quindi inattaccabile dalla malattia), si irrigidiva e si gonfiava al contempo. Perciò il dottore diede inizio alla sua cura improvvisata. Dispose affinché Patrizia fosse immersa in acqua dolce, tiepida, emulsionata con un po’ di latte Dopo una settimana di tentativi, non solo la situazione non migliorò, ma Patrizia comincio ad accusare forti dolori muscolari. Il dottor Curzio pensò fosse la pressione dell’acqua a rappresentare un impedimento. E così dispose la terapia diversamente: l’acqua andava utilizzata sotto forma di vapore. La cura funzionava! Per venti giorni la pelle era diventata ogni giorno più elastica, finché non terminò la bella stagione. Col sopraggiungere dei primi freddi la pelle ricominciò a diventare legnosa.

L’inversione del processo di guarigione non scoraggiò il medico, il quale, accogliendo un suggerimento del Principe di Sansevero, cominciò ad utilizzare il mercurio. Patrizia ne assumeva piccole dosi per via orale, ma al quarto mese di trattamento, il suo corpo manifestò tutti i sintomi di un’intossicazione da mercurio: pustole e prurito. Un preparato di erbe la guarì dall’intossicazione, e fece in modo che il mercurio cercasse la via d’uscita più breve dal corpo: i pori. Con i pori aperti, la situazione migliorò nuovamente. A distanza di un anno da quando nel 1752 la donna albero mise piede nell’ospedale degli Incurabili, l’albero era sparito. Dietro la scorza ricompariva progressivamente Patrizia, fino ad uscire definitivamente dal suo guscio. Il dottor Curzio aveva scoperto la sclerodermia (una malattia ancora oggi rarissima) e la maniera per contrastarla efficacemente. Napoli scopriva un suo nuovo eroe. (Maurizio Ponticello, “Forse non tutti sanno che a Napoli…” – Newton Compton Editori 2016)”.

Con la consulenza di tutte queste figure si capì che il reale problema della ragazza era l’idratazione: i pori di Patrizia erano completamente bloccati per cui il suo corpo non poteva traspirare. Quello era il motivo di quella secchezza tipo corteccia della pelle. Il tempo però iniziava a passare e Patrizia respirava sempre più con difficoltà perché la lingua sempre più dura e secca la iniziava a soffocare.

“…Curzio a quel punto decise di fare immergere la ragazza in acqua dolce, leggermente tiepida dove aveva fatto aggiungere qualche bicchiere di latte per fornire alla pelle alcune sostanze nutritive. Ma tutto questo fu un grande fallimento perché la pelle non ne assorbì nemmeno una goccia, ma il medico non volle rassegnarsi e decise di provare a reidratarla con del vapore. L’acqua così trattata riuscì a trovare una via per accedere attraverso i pori e, piano piano, giorno dopo giorno, la corteccia iniziò a ritornare pelle umana. Tutti questi sforzi però vennero vanificati con l’arrivo del freddo perché i pori cutanei si richiusero di nuovo.

Patrizia iniziava a diventare di nuovo un albero. Fu a questo punto che il Principe di Sangro. Dette libero sfogo alle sue conoscenze alchemiche e a Patrizia vennero somministrate delle dosi massicce di mercurio….Il metallo era anticamente usato dagli alchimisti nella ricerca dell’immortalità: tantissimi sovrani trovarono la morte credendo che un trattamento al mercurio potesse dare loro la vita eterna. Questo però non fermò il Principe di Sangro. Patrizia subì in poco tempo una violenta intossicazione da mercurio, fu quasi portata alla morte, il metallo, impossibile da assorbire del tutto dal nostro corpo, fuoriuscì forzatamente dai pori della pelle liberandoli definitivamente. Dopo un anno di cure, la giovane donna albero tornò ad avere pelle umana, a parlare e camminare. Grazie alle cure di un medico caparbio e di un alchimista…”

Il dottor Curzio, passerà alla storia come il medico che ha scoperto e curato per la prima volta la “Sclerodermia”: una rarissima malattia che esiste tutt’oggi.

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