14 Novembre 2025

Presentazione del libro: “Narcisismo e società: il rimedio empatico della reciprocità” di Luigi Leuzzi

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Presentazione del libro Narcisismo e società il rimedio empatico della reciprocità di Luigi Leuzzi

Nell’ambito delle iniziative dell’Associazione storico-culturale “Progetto Centola” e del Gruppo “Mingardo/Lambro/Cultura”

Sabato 18 ottobre 2025, ore 17:00

Sarà presentato il volume:

Luigi Leuzzi “Narcisismo e società: il rimedio empatico della reciprocità”

Interventi:

Diana Nese, Pasquale Martucci, Luigi Leuzzi

Modera:

Ezio Martuscelli

L’evento, on line, si terrà sulla piattaforma Googlemeet cliccando sul link: meet.google.com/dfd-wcsq-dvm 


Il Narcisismo sembra essere lo specchio sociale della nostra epoca, dominata dai social network, dal culto dell’immagine e dalla ricerca costante di approvazione, dall’individualismo esasperato, dalla carenza di capacità di amare gli altri, da un vuoto desiderio che condanna a porre al centro solo se stesso.

Narciso, figlio del dio delle acque Cefiso e della ninfa Liriope, ha un destino segnato da Tiresia che profetizza: “Vivrà a lungo e la sua bellezza non si offuscherà finché non vedrà il suo volto!”. Il ragazzo cresce fuggendo dal mondo e trascorrendo il tempo sul suo cavallo oppure andando a caccia di animali selvatici. Quando Eco incontra Narciso, innamorata di lui cerca un contatto ma, rifiutata, avverte un dolore enorme che le fa perdere il corpo e la sua identità. Le rimane solo la voce che ripete ossessivamente le ultime sillabe dei parlanti. Nèmesi, che dispone della giustizia, interviene e conduce Narciso ad una fonte nascosta, le cui acque sono così limpide da riflettere perfettamente il suo volto. Il giovane resta folgorato da ciò che vede e, non riconoscendo in quello specchio naturale la sua persona, se ne innamora perdutamente. Ogni volta che cerca di toccare o catturare quella bellezza, l’acqua si increspa ed ogni immagine svanisce. Narciso non riesce più a staccarsi da quel riflesso, si isola dal mondo e si spegne lentamente prigioniero di quell’amore impossibile. In quel luogo gli dèi fanno nascere un fiore: il narciso, simbolo di bellezza e fragilità.

È una morte tragica nella sua assurdità, ed ancora oggi costituisce una metafora che racchiude un valore psicologico e simbolico profondo. In psicologia, il narcisismo descrive un disturbo caratterizzato da un senso grandioso del sé, un bisogno costante di ammirazione e una mancanza di empatia verso gli altri; è una condizione che può portare a veri e propri comportamenti disfunzionali.

Freud ritenne il narcisismo una condizione originaria della soggettività umana, una forma primaria che è all’origine del “io”, la prima fase di sviluppo neonatale quando il bambino vive fusionalmente con la madre in uno stato indifferenziato. Poi le cose si possono complicare quando con la crescita non si riesce a riconoscere l’alterità, ed allora emerge la condizione patologica contrassegnata da un’apparente impossibilità di amore oggettuale. Partendo da Freud, Lacan ha identificato nella fase dello specchio un momento di formazione dell’io che si sviluppa in simbiosi con il corpo, attraverso un’immagine unitaria. Tuttavia può restare intrappolato in questa identificazione, separandosi dal proprio desiderio e dall’altro, realizzando una condizione che lo fa estraniare dalla realtà e dal desiderio di realtà.

Nel saggio: “Narcisismo e società: il rimedio empatico della reciprocità”, Luigi Leuzzi analizza, attraverso interessanti riscontri di autori e studiosi ampiamente citati nel testo, non solo le realtà psicopatologiche ma anche quelle applicate alle condizioni sociali e comunitarie. È il passaggio dal disturbo individuale alla preoccupante manifestazione sociale, in cui si realizza un modello sociale e di comportamento basato sull’oggettificazione delle relazioni e delle persone, riducendo l’essere umano alla ricerca spasmodica del denaro e del successo. Lo standard di vita più elevato, sostiene Galimberti, viene prima anche del bisogno di amare e di essere amati, perché prevale la società dell’apparire, del successo personale, dello status, in cui il denaro diventa “il generatore dei valori”.

Si può affermare che nella nostra società ci troviamo a vivere nel mondo della celebrazione dell’individuo in quanto unico e irripetibile, capace di essere compiaciuto solo da se stesso e lodato, ammirato e invidiato dalle altre persone. La definizione di narcisista rimanda a persone egoiste, che non considerano gli altri sul medesimo piano di loro stessi, si sentono sempre e comunque sopra a un piedistallo, vivendo per soddisfare i loro bisogni.

Sostengono  Glen O. Gabbard e Holly Crisp, nel volume: “Il disagio del narcisismo” (Cortina, 2019), che non è solo da valutare la chiave clinica ma anche gli aspetti culturali che il disturbo narcisistico di personalità esercita sulla società nel campo politico e nell’epoca dei social media.

Questi aspetti sono presenti nel lavoro di Luigi Leuzzi, psichiatra e studioso delle comunità e delle identità evolutive, che tuttavia non possono fare a meno del passato e di quell’eredità culturale, della nostra storia e memoria. Se vogliamo osservare gli aspetti comunitari, dobbiamo considerare: l’“individualismo”, con scelte dettate dalla voglia di affermare la persona sulla comunità; la “cultura dell’immagine”, con il prevalere dell’apparenza rispetto alle relazioni personali; la “competizione”, come confronto/scontro; l’“alienazione”, in quanto senso di vuoto e difficoltà nel provare empatia.

Dice bene Leuzzi che il Narcisismo interessa la cultura della nostra società occidentale, al di là delle forme psicopatologiche evidenziate dalle teorie psicoanalitiche. L’autore intende allargare al contesto sociale e dunque analizzare soprattutto quelle che sono le conseguenze che si producono nelle società. È una vera e propria mutazione antropologica, in cui la centralità dell’ego mina i rapporti interpersonali mettendo in crisi la comunità.

L’autore parla di “una temporalità puntiforme” che non riesce a “storicizzare”, e questa condizione conduce verso la mancanza di responsabilità ed assenza dell’amore e “cura dell’altro da sé”. Le sue analisi concettuali riguardano “l’identità coesistentiva”; “l’atemporalità”, ovvero un vissuto che vive nell’istantaneità; “l’esclusione dell’altro”, che implica una sorta di autoreferenzialità che non considera le relazioni autentiche.

Un profilo di personalità narcisistico patologico è caratterizzato da tratti antisociali ed affetti malevoli. Ciò è accaduto a partire dagli anni ottanta del novecento, quando l’individualismo ed una strenua competizione sociale avrebbero esaltato il libero mercato ed il profitto degli interessi privati della classe dominante a discapito delle istituzioni pubbliche e della democrazia, con il conseguente incremento delle disuguaglianze sociali.

Secondo Leuzzi si è verificata “una mutazione antropologica in cui i falsi valori del culto dell’ego investono i rapporti interpersonali e mettono in crisi il noi-senso della comunità”, minando così le basi etiche e le condizioni dell’esser-ci heideggeriano, che si traduce nella “responsabilità verso gli altri, nell’amore e nella cura dell’altro da sé”. È prevalso invece il culto delle immagini e l’eterno presente che non si riferisce più al passato e finisce per negare addirittura il futuro. Si passa cioè a quella che è una patologia sociale, una prospettiva che passa dalla componente individuale ad una essenzialmente sociale.

L’autore compie dunque un lavoro che conduce dall’individuo alla società, dove si sviluppano gli aspetti più deleteri. La realtà non affronta la relazione con gli altri e le cose semplici, come un gesto affettivo o una qualche forma di solidarietà. Tutto ciò che è esterno a noi conduce a desiderare cose o status symbol, perché siamo dipendenti dal consumo e rifuggiamo i modelli culturali ed educativi, come pure la capacità di pensare autonomamente, rincorrendo un processo di omologazione. Bauman chiamava tutto ciò società liquida, che mercifica i rapporti umani, per inseguire il possesso di un nuovo oggetto del desiderio, rafforzando la componente narcisistica e perdendo l’occasione di vivere una vita piena e soddisfacente.

Questa analisi conduce Leuzzi alla definizione, come affermato, di una prospettiva riguardante le relazioni tra soggetto/individuo che vive l’assenza di reciprocità e diventa un non-umano se lo si rapporta al contesto che pullula di altri umani. Individua organizzazioni che dovrebbero essere centrate su “empatia e empatismo”, sui rapporti nell’ambito della politica e degli stili di leadership, sul perseguimento del rimedio empatico, l’unico in grado di poter definire la reciprocità.

Occorrerebbe un “sistema adattivo aperto ed ottimale” per affrontare il disagio emozionale, in controtendenza con le formule burocratiche e le linee guida, che oggi sono, ahinoi!, supportate dall’innamoramento per gli algoritmi. Come si può infatti agire in una condizione prefigurata e definita per affrontare relazioni e rapporti emozionali?

Qui non possono esserci automatismi, quanto piuttosto dinamiche che si compongono e scompongono nelle interazioni. Prevalgono: le logiche del “padrone”, che non accetta nessuna critica costruttiva; le procedure e l’immobilismo; un sapere specialistico che non si confronta con la complessità; una visione acritica.

Se viene meno un leader empatico, sostiene l’autore, emerge in alternativa la “posizione isterica” che ingenera disagio e angoscia. La critica è alle leadership e a quelle organizzazioni “anaempatiche”, chiuse e orientate, che sconfinano in tendenze narcisistiche che si accrescono con le forme di controllo nei confronti di tutti i soggetti appartenenti al sistema.

Il riferimento è all’ambito sanitario, intervento quotidiano nella professione di Leuzzi, che rincorre soluzioni che non riescono non solo a risolvere ma neanche ad affrontare i problemi in un ambito processuale.

In conclusione, occorre citare Erich Fromm, Christopher Lasch, René Girard ed altri che hanno posto il problema del narcisismo sociale, che emerge anche dalla dissoluzione di un mondo costruito sulla base di codici gerarchici e dalla strutturazione della realtà. Ecco perché diventa centrale nell’autore la riappropriazione dei valori che costituivano la communitas e che riguardavano rapporti stretti e di relazione.

La soluzione individuata è quell’empatia, ovvero la condizione di guardare all’altro da sé, per affrontare forse in maniera più funzionale alle stesse organizzazioni il ripristino di quella reciprocità, imprescindibile per definire il futuro di un mondo fatto di sentimenti, emozioni e condivisioni delle dinamiche della vita.

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