15 Giugno 2025

di Giorgio Fanfano


Quando guardo indietro verso la mia infanzia,
erano gli anni cinquanta.
Per i contadini erano anni di duro lavoro,
anni di sacrifici nei campi,
di tribolazioni, magre soddisfazioni.
Per me appena bambino,
per me nato da poco,
la vita invece era solo un gioco.
Passato l’inverno triste, freddo, piovoso,
la primavera portava un po’ di gioia nei cuori,
e nell’aria il profumo dei fiori.
A giugno il grano già maturo,
aveva il colore dell’oro,
Poi l’estate dai lunghi giorni caldi,faticosi, impietosi.
Vedo ancora mia madre,
pensierosa, sposa bella, donna matura, bonaria, vibrare la falce, muovere l’erba, tagliare l’aria.
Mio padre, magro, smunto, sudato, affaticato,
correva curvo con le braccia ferme,
tese, dietro le mucche,
a guidare l’aratro.
Li vedo ancora,
muti, stanchi,
la sera al ritorno
portare sul viso
le fatiche di un giorno.
Per me un momento di rara felicità,
la cena consumata in fretta,
l’arrivo di un amico,
quattro chiacchiere in allegria,
per mio padre il piacere dell’ultima sigaretta,
poi a letto a dimenticare la stanchezza,
e cosi sia.

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