3 Dicembre 2024

di PASQUALE SCALDAFERRI

C’è un personaggio nel mondo del calcio che si distingue dagli altri attori per molteplici peculiarità e una spiccata tecnica espressiva: Ezio Capuano.
La cifra stilistica, i contenuti del bagaglio esistenziale, fotografano fedelmente la profonda esperienza e competenza, coniugate alla capacità di fare gruppo, di instillare in qualsiasi contesto in cui opera e ha lavorato, l’amore per il bello, il senso di appartenenza, il sentimento dell’anima.
La professionalità, d’altronde, non è solo frutto di studio, aggiornamento, cultura, capacità propositiva, collante di teoria e pratica, ma totale affidabilità e ineccepibile attendibilità.
In un calcio dominato da salamelecchi e portaborse, ciarlatani e guitti di corte, Ezio Capuano funge da contraltare. Perché oltre alla perla della sua sinfonia, c’è la dottrina della sua sapienza calcistica, mai omologata, ma disgiunta da atteggiamenti subalterni e ruffiani manierismi, esente da qualsiasi comportamento vomitevole e prono al potere.
Il conformismo non ha mai trovato dimora nel vissuto dell’ottimo allenatore, senza sponsor né santi in paradiso. E ciò gli ha precluso molte panchine prestigiose, perché dirigenti strabici e ottusi sarebbero stati offuscati dalla sua personalità e dai concetti innovativi, confondendo l’innata dedizione aziendalista (dunque, lavorare negli interessi della società) con la volontà di assoggettarlo a operazioni tutt’altro che commendevoli.
La straordinaria cavalcata del Taranto, che ha restituito passione ed entusiasmo ad una città che non viveva questi momenti dal periodo calcistico del mitico centravanti Erasmo Iacovone, è la risultante dell’impatto che Capuano ha sempre provocato nelle piazze pregne di calore. E anche in situazioni meno favorevoli come Modena, San Benedetto del Tronto, Sora, Avellino, Foggia, o il campionato pro forma di Potenza con la società condannata e retrocessa per illecito sportivo già durante la stagione -ma lucani salvati sul rettangolo di gioco- testimoniano quanto il sanguigno tecnico di Salerno abbia sempre lasciato traccia del suo mirabile lavoro, valorizzando schiere di calciatori approdati nella massima serie, fin sul prestigioso palcoscenico della Nazionale.
Capuano non ha mai smarrito la sua proverbiale genuinità caratteriale (che spesso lo fa debordare ma ha sempre chiesto scusa, parlando “del fratello scemo”), conservandola intatta come agli albori della sua carriera sui polverosi campi del Cilento.
Oggi Taranto, la città d’Italia più popolosa mai approdata in serie A, sta rivivendo emozioni indelebili, che potrebbero proiettarla a maggio ai play off per l’accesso in serie B.
Ezio Capuano non ha mai vinto uno scudetto, ma da decenni ha sempre trionfato sui campi di calcio per genialità, rigore, gioco spumeggiante, temperamento autentico, visione estetica. È questa la precipua, indomita e naturale vocazione. Fare del suo calcio la grande bellezza, capace di unire trasversalmente generazioni di appassionati. E farli danzare in un unico abbraccio sulle note del suo spartito di qualità.

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